Non ero nemmeno uscito dall‘esposizione che già avevo voglia di fare delle foto somiglianti a quelle di F. Woodman; avevo già in mente lo scenario, un angolo della mia stanza, con un grande termosifone e il pavimento di legno. Nello stesso giorno e nei giorni seguenti ho percorso, alla mia maniera, un’esperienza fotografica che ha prodotto le immagini che potete vedere sotto.
Il lavoro di Francesca mi ha suscitato malinconia e nel primo gruppo di foto ho provato a catturare questa emozione. In queste foto manca il viso – nascosto, coperto – una delle caratteristiche predominanti delle sue foto. Ho provato a fondermi con l’ambiente attraverso il movimento, con l’effetto ”sfocato” sia nel viso, che nel corpo. Per accentuare questo effetto di fusione ho regolato la macchina fotografica con alta sensibilità, provocando la grana nelle immagini.
Questa serie ha delle foto in bianco e nero, una influenza diretta del lavoro di Francesca. Siccome avevo fatto le foto di sera, ho usato una luce che provocava un interessante effetto ma che risaltava i contorni – un errore, paragonato alle foto che mi avevano inspirato, come mi ha detto un amico. Devo ringraziare Emanuele Camisassa per avermi invitato ad andare all’esposizione, per avermi aiutato a riflettere sul lavoro che avevo realizzato e anche per avermi motivato a scrivere questo testo che testimonia il percorso fotografico.
Nella mattina seguente ho fatto una foto simile ad una delle foto dell’esposizione, ho però dato la mia interpretazione – leggermente colorata, diversa del bianco e nero originale.
La voglia non era ancora soddisfatta e ho anche realizzato le serie di sotto, già con le prime considerazioni di Emanuele, ora però con la presenza del viso e l’utilizzo della doppia – tripla, quadrupla – esposizione come strumento per fondermi con l’ambiente.
Per la ultima serie ho usato una lente di 50 mm che mi piace tanto perché crea una luminosità particolare. Qui ho esplorato, non solo la doppia esposizione, ma anche le porte della mia casa milanese come elementi scenografici. La sedia, vuota, evoca uno spazio non occupato, che però non si mostra completamente. In questa serie le foto sono di solito colorate.
Alla fine la voglia era soddisfatta. La mia prima avventura artistica – con un tema molto molto diverso da quelli dei miei lavori precedenti – era finita. Anche il mio ego di artista era stato appagato, perché sono riuscito ad ottenere un risultato bello ed interessante.Esco da questa esperienza leggermente modificato e, per certi versi, evoluto.
PS.: Il slideshow e la galleria con tutte le foto scattati è qui.
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